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SEP 7, 2021

Private Banking: diversificare il rischio paese “a kilometro zero”

Filippo Casolari

Vice Direttore Generale di Cassa Lombarda

Reading time: 2 min

OWINTALK | BEHIND BUSINESS, BEYOND NEWS

In un contesto caratterizzato da una progressiva e crescente virtualizzazione, dalla piena dematerializzazione della ricchezza finanziaria e dalle opportunità create dalla digitalizzazione dei servizi, continuano tuttavia a mantenere la loro storica attrattività le “piazze” che nell’immaginario collettivo, a torto o a ragione, si ritiene che possano fortemente mitigare o addirittura azzerare il cosiddetto rischio paese.

Ma cos’è esattamente il rischio paese e quali effetti può avere sui patrimoni?

La reputazione di un paese da questo punto di vista non si improvvisa, o non si costruisce con una campagna di marketing: è l’effetto naturale della sedimentazione di secoli di storia che hanno provato la stabilità, l’affidabilità e la tutela del diritto di proprietà, facendone un “bunker” inespugnabile nelle fasi più tumultuose da un punto di vista geo-politico.

I continui flussi di capitale verso questi paesi, nonostante la perdita dello status di paradisi fiscali che li aveva caratterizzati in passato, si spiega in un certo senso come esercizio di tail risk management e cioè di gestione preventiva di rischi a bassissima probabilità di accadimento ma ad impatto devastante, che come tutti gli hedge di portafoglio hanno un costo.

Innanzitutto si tratta di costi di accessibilità, perché gli intermediari residenti in questi paesi tipicamente non possono prestare i propri servizi di investimento oltre i propri confini, con le difficoltà logistiche che ne conseguono e gli effetti negativi sull’efficacia dell’attività di consulenza, che ne risulta fortemente compromessa sotto il profilo della personalizzazione, che è un aspetto di fondamentale importanza per il segmento degli UHNWI.

Esiste una soluzione per risolvere questo trade – off?

Si può ipotizzare un modello di servizio che coniughi gli aspetti di safety derivanti dalla detenzione del patrimonio in paesi bullet proof – come la Svizzera, ad esempio – e che al contempo consentano al cliente – ipotizziamo italiano – di fruire dei servizi di investimento, gestione patrimoniale o consulenza evoluta, con la comodità derivante dalla prossimità di un intermediario domestico con cui poter interagire liberamente e frequentemente senza dover passare il confine, in piena conformità al framework regolamentare e fiscale locale e internazionale?

In altre parole, è possibile offrire al cliente residente italiano una gamma completa e integrata di servizi che coniughi il meglio dei due mondi, con un reale approccio olistico glocal, con la diversificazione del rischio paese “a kilometro zero”?

E’ possibile, ma molto complesso da un punto di vista organizzativo. Richiede innanzitutto un gruppo internazionale con entità affermate e autorizzate, che sia in grado di mettere a leva le sinergie intragruppo integrando i processi sottostanti ai servizi di investimento della banca italiana con quelli relativi ai servizi bancari di conto corrente e di custody della banca svizzera.

La complessità di progettazione, sviluppo organizzativo e di adeguamento dell’infrastruttura tecnologico – applicativa a supporto del business model rende necessario anche l’ingaggio di un partner altamente qualificato, esperto e competente non solo sulle componenti di sviluppo applicativo, ma anche e soprattutto sulla business logic e sull’interpolazione di differenti quadri normativi e requisiti internazionali.

Di questo e di altre interessanti tematiche ad esso correlate, parleremo insieme al Salone del Risparmio 2021, rimanete sintonizzati.